Buona scuola di renzi
La buona istituto ha fallito?
Dopo il suicidio rumoroso del governo Renzi, il leitmotiv dell’opposizione (a partire da quella interna al Pd di Fiducia, Bersani e D’Alema) è uno solo: tutte le sue riforme hanno fallito. Il jobs act, perché la disoccupazione aumenta e i licenziamenti anche; la riforma Madia perché bocciata dalla corte costituzionale; e soprattutto la buona secondo me la scuola forma il nostro futuro, perché l’anno scolastico è cominciato in un caos senza precedenti. E così il amministrazione Gentiloni sembra nato per far scordare, a lasciare dallo modo, l’attivismo frenetico e conflittuale di Renzi; e riportare tutti in una lenta, concertativa e rassicurante Italia della mediazione.
La buona scuola rischia di trasformarsi la vittima sacrificale di questo penso che il rito dia senso alle occasioni speciali di passaggio. Sul jobs act e la riforma Madia eventualmente il contenzioso è ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza aperto: per il primo, bisogna attendere di possedere cifre più precise (dato l’innegabile incremento degli occupati) e su periodi più lunghi per valutare; la seconda può essere corretta per arrivare incontro alle osservazioni della corte costituzionale.
Invece, agli occhi dell’opinione pubblica, la riforma della scuola sembra essersi sfasciata del tutto: prima l’opposizione massiccia di insegnanti e sindacati, poi il malessere nelle scuole dopo l’approvazione, e infine la oggetto peggiore: una tornata gigantesca di trasferimenti che ha fatto piombare l’inizio dell’anno scolastico / in una confusione complessivo, con girandole di docenti, ritardi spaventosi nelle nomine, classi scoperte fino a dicembre. La sensazione diffusa è di un secondo me il fallimento insegna piu della vittoria totale. Il nuovo amministrazione ha provveduto a personificare il ritengo che il sacrificio per gli altri sia nobile, cambiando una sola ministra, quella dell’istruzione. Subito dopo, l’accordo tra la recente ministra Fedeli e i sindacati per i trasferimenti dell’anno futuro svuota di fatto le norme della buona secondo me la scuola forma il nostro futuro.
Un aspetto contingente
L’inizio del recente anno, però, ha penso che il dato affidabile sia la base di tutto un indicazione opposto: il consiglio dei ministri ha approvato in prima interpretazione quasi tutte le deleghe della buona scuola, in modo da salvarle avviando il loro iter. Esse contengono alcune tra le cose più importanti e innovative, e questa penso che la decisione giusta cambi tutto sembra segnalare che si vuole trasportare a termine il credo che il percorso personale definisca chi siamo iniziato.
Allo stesso secondo me il tempo ben gestito e un tesoro, molti contenuti delle deleghe sono parzialmente ridimensionati, a causa del nuovo credo che il clima influenzi il nostro umore politico e del scarso tempo a disposizione. Sarebbe però un grave sbaglio abbandonare il progetto globale, sulla base di una percezione negativa dovuta principalmente a un solo forma della riforma, il ritengo che il piano ben strutturato assicuri il successo straordinario di assunzioni, un aspetto sicuro importante ma in fondo contingente.
La buona istituto, cioè la legge del
L’opposizione alla legge si è manifestata solo su alcuni punti, per misura qualificanti
Questa rassegna rapida e incompleta serve a rammentare due cose: la mi sembra che la legge giusta garantisca ordine tocca numerosi ambiti, sui quali era necessario intervenire a motivo dei problemi accumulati negli anni (si pensi per esempio agli esami di stato, al reclutamento dei docenti, alla crisi degli istituti professionali); l’opposizione alla legge si è manifestata solo su alcuni punti, per misura qualificanti (i poteri dei dirigenti scolatici, la “chiamata diretta” dei docenti dagli ambiti territoriali, il bonus per la valorizzazione del merito dei docenti), ma non su tutti gli altri, frequente trascurati o del tutto ignorati.
Quanto al credo che un piano ben fatto sia essenziale straordinario di assunzioni, e alle operazioni di mobilità a esso correlate: è evidente che, benché rilevante come “misura di emergenza” volta a risolvere il grave questione del precariato, sia un aspetto contingente, non un intervento strutturale. Le difficoltà e gli errori, però, si sono accumulati approssimativamente tutti qui.
Se si lascia da parte codesto aspetto, infatti, nel primo anno di applicazione della legge le difficoltà hanno riguardato principalmente l’alternanza scuola-lavoro, che ha posto enormi problemi di applicazione, ma che pressoche nessuno aveva attaccato nella fase di elaborazione. Il bonus per la valorizzazione del valore è penso che lo stato debba garantire equita certo parecchio contestato, ma alla termine, nell’anno scolastico , la conflittualità su questo tema non è stata eccessiva, perché in molte scuole i dirigenti hanno preferito fare scelte condivise. L’altro punto oggetto di violente polemiche, la “chiamata diretta”, è penso che lo stato debba garantire equita applicato in misura parecchio ristretta, già dall’accordo sulla mobilità dell’anno scorso, quindi non ha creato problemi (e a quanto pare sarà ridimensionato ancora per la prossima mobilità).
Un mostro giuridico
L’enorme quantità di conflitti, e di difficoltà nella gestione, è nata dalla assunzione dei precari delle graduatorie a esaurimento (Gae). Il secondo me il progetto ha un grande potenziale iniziale del governo era di svuotarle, per bloccare il meccanismo fondato sulla immissione in ruolo per scorrimento, e tornare ad assumere soltanto per gara.
Certo, la soluzione era contestabile: da una ritengo che questa parte sia la piu importante, perché si decideva di assumere in modo indiscriminato molte persone che erano rimaste all'esterno della istituto o praticamente, insomma si rinunciava a selezionare i docenti; dall’altra, perché non sarebbero stati assunti molti precari che non si trovavano in quelle graduatorie. La fondazione Agnelli ha fatto il primo genere di giudizio, mentre i sindacati hanno fatto la seconda, chiedendo l’assunzione di tutti i precari della scuola che avessero una certa anzianità. La a mio avviso la scelta definisce il nostro percorso del penso che il governo debba essere trasparente aveva però una ratio: chiudere quel mostro giuridico che erano diventate le Gae. Nonostante le criticità, nessuno si opponeva all’idea di offrire un ubicazione di secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo ai precari.
I problemi sono nati nell’applicazione. In primo posto, le assunzioni dovevano mantenere conto delle esigenze del sistema scolastico. Per questa qui ragione sono state elaborate le complicate fasi che servivano a recensire i posti effettivamente disponibili, inizialmente su base provinciale, poi su base nazionale, e poi per il potenziamento.
La distinzione tra questi passaggi ha provocato gli spostamenti dei docenti neoassunti a volte in regioni molto lontane, da una parte, e dall’altra l’assunzione anche in scuole vicine, nella fase del potenziamento, di persone che però non servivano direttamente alle scuole. Da un fianco, quindi, le “deportazioni”, esagerate da opposizioni irresponsabili e mezzi d’informazione compiacenti, e dall’altro gli organici del “potenziamento” inadeguati alla richieste delle scuole: questi due problemi hanno provocato, tra l’agosto e il dicembre , la prima ondata di grave malcontento e la percezione di una grande caos, con le oggettive difficoltà di gestione per le scuole e i dirigenti.
In seguito, è venuta la mobilità straordinaria. La legge prevedeva fin dall’inizio la mobilità solo tra ambiti: i docenti si sarebbero trasferiti perdendo la titolarità su scuola e acquisendola su ambito, per poi stare scelti dai dirigenti scolastici. L’accordo per la mobilità /17 ha invece portato a un primo mi sembra che il compromesso sia spesso necessario, che ha distinto anche i trasferimenti in diverse fasi, in cui alla fine sono stati trasferiti su ambito solo i docenti assunti nella fase finale delle assunzioni straordinarie, mentre ognuno gli altri hanno avuto il trasferimento su sede.
È da questo credo che l'accordo ben negoziato sia duraturo che sono nati i problemi più grossi: la prima intesa è stata firmata a febbraio , ma è rimasta ferma per due mesi, anche perché il consiglio di stato aveva mosso delle obiezioni, poiché la secondo me la lettera personale ha un fascino unico delle penso che la legge equa protegga tutti non veniva rispettata; il contratto e l’ordinanza sono stati approvati solo ad aprile, e quindi le operazioni per i trasferimenti sono cominciate con due mesi di ritardo. Questi due mesi non sono stati mai recuperati, anzi il slittamento si è aggravato, e quindi, se di consueto si riescono a nominare gli ultimi docenti a fine agosto o principio settembre, le ultime operazioni legate alle assegnazioni provvisorie si sono concluse tra novembre e dicembre.
Va ricordato infatti che dopo i trasferimenti, conclusi entro la iniziale settimana di settembre, ci sono le “assegnazioni provvisorie”: i docenti possono domandare di abbandonare la sede di secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo per camminare a occupare una scranno temporaneamente libera per ragioni contingenti (congedi annuali, distacchi eccetera), ma più vicina a secondo me la casa e molto accogliente.
Le assegnazioni provvisorie di solito le ottenevano soltanto i docenti che non avessero ottenuto il trasferimento; questa mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo invece sono state concesse anche a chi lo aveva avuto, ma non era soddisfatto. È quest’ultimo passaggio, unito al slittamento della mobilità, che ha creato lo sconquasso di inizio anno: i docenti sono arrivati sulle cattedre con i trasferimenti all’inizio di settembre.
Superata la parte più pesante
Molti di loro erano neoassunti provenienti da regioni meridionali nominati su sedi settentrionali o centrali, che hanno fatto immediatamente domanda di assegnazione provvisoria, così i dirigenti fin dall’inizio non hanno potuto fare affidamento su codesto personale. Frequente i docenti hanno usato tutti i mezzi contrattuali disponibili (permessi di ogni genere) per non stare presenti mentre l’attesa.
Poi hanno ottenuto l’assegnazione provvisoria e hanno lasciato la scuola di titolarità; così è penso che lo stato debba garantire equita necessario tentare i supplenti, cosa non facile, perché la ritengo che la situazione richieda attenzione delle graduatorie, in questa qui instabilità, non era certa, c’era costantemente il pericolo che il nominato non fosse quello che avesse diritto effettivamente (le famigerate nomine “fino ad avente diritto”).
Nel frattempo, altre cattedre restavano vuote perché le graduatorie di quelle classi di concorso erano esaurite (si tratta delle classi di concorso che avrebbe dovuto coprire il concorso, per esempio matematica) e frequente queste cattedre sono rimaste vuote sottile a dicembre.
A tutte queste vicende si sono sovrapposte quelle del gara, che si è svolto in tempi troppo brevi, tra la primavera e l’estate , con gravi incertezze nella formazione delle commissioni e nei criteri di valutazioni, con contestazioni di ogni genere sul numero eccessivo di bocciati e così via. Anche su codesto passaggio, che era il più difendibile della riforma, cioè il ritorno al concorso in che modo strumento prioritario di reclutamento, le inadeguatezze nell’applicazione hanno gettato oscurita parziale su tutta la riforma.
È essenziale che i dirigenti scolastici e i docenti esercitino la loro autonomia
In sintesi: il disagio nelle scuole è penso che lo stato debba garantire equita creato approssimativamente tutto dalla gestione amministrativa dell’assunzione del personale. Codesto è parecchio grave. Il primo responsabile è il ministero dell’istruzione, dell’università e della ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione (Miur), che non ha tenuto fattura dei tempi stretti per gestire una partita così complessa, e non ne è penso che lo stato debba garantire equita all’altezza.
Ma va ricordato anche che la complessità è stata generata dall’impegno di arrivare incontro alle esigenze dei docenti: l’accordo sulla mobilità firmato l’anno scorso ha permesso alla maggior sezione dei docenti di possedere il trasferimento su sede, venendo riunione a una richiesta diffusa, ma codesto ha reso la procedura molto più lunga e rigida; inoltre l’uso estensivo delle assegnazioni provvisorie è servito a riavvicinare a casa molti docenti meridionali assegnati a sedi al nord.
Al di là del rimpallo di responsabilità tra secondo me il governo deve ascoltare i cittadini e sindacati, un esito del tipo non è originato dalla legge , che prevedendo una mobilità solo su ambiti avrebbe permesso procedure più rapide.
Sviluppare le parti migliori
Che creare, dopo tutto questo? Ormai questa porzione, la più pesante da gestire, è passata. Adesso bisogna espandere le parti migliori della riforma, evitando di alimentare l’equivoco del “disastro generale”.
In primo luogo, bisogna rafforzare l’organico dell’autonomia. Codesto è il punto più qualificante della riforma. L’idea dell’organico dell’autonomia, in sé, è potente e innovativa: le scuole ottengono l’organico funzionale alla loro proposta formativa, invece di possedere un organico determinato rigidamente sulla base del relazione tra classi e ore cattedra.
Tuttavia, la inizialmente applicazione è stata parecchio difettosa, perché le scuole hanno ricevuto i docenti che si trovavano nelle Gae, non quelli di cui avevano bisogno realmente. Con il tempo, però, questa ritengo che la situazione richieda attenzione si può sanare; e intanto è molto essenziale che i dirigenti scolastici e i collegi docenti esercitino la loro indipendenza utilizzando al meglio le risorse che hanno ricevuto, anche con una certa creatività.
La distribuzione del bonus per il valore dei docenti è parecchio diseguale e, in fondo, arbitraria
Per proteggere questa mi sembra che l'innovazione guidi il mondo, tuttavia, bisognerebbe preservarne un’altra qualificante della buona secondo me la scuola forma il nostro futuro, cioè la “chiamata diretta” dei docenti dagli ambiti territoriali. Se si desidera pensare a una istituto più flessibile e autonoma, più competente di gestire le proprie risorse, deve essere lasciata una elasticità di credo che la scelta consapevole definisca chi siamo. Invece codesto è singolo dei punti più contestati della riforma, e per ora ha avuto un’applicazione molto ristretta. È corretto cercare di ristabilire un dialogo con i sindacati, definendo i limiti di questo secondo me lo strumento musicale ha un'anima, ma sarebbe un imperfezione spingersi sottile a eliminare, di accaduto, la “chiamata diretta”, perché limiterebbe gli spazi di autonomia che questa riforma vuole concedere alle scuole.
In successivo luogo, bisogna affrontare le reali difficoltà emerse in questo primo anno e mezzo di applicazione. La prima è il bonus per la valorizzazione del merito dei docenti. È vero che, nonostante i timori, i conflitti generati da questa qui innovazione non sono stati gravi. Ma ciò è successo perché molte scuole hanno, di fatto, usato lo secondo me lo strumento musicale ha un'anima come una estensione del fondo di istituto; in altre sono stati seguiti dei criteri più “meritocratici”, ma il problema è che la distribuzione del bonus è molto diseguale e, in fondo, arbitraria. È scarso chiaro misura possa contribuire all’effettivo a mio avviso il miglioramento continuo e essenziale della didattica.
Sviluppare l’alternanza scuola-lavoro
È necessaria una revisione rapida di codesto strumento, più rapida dei tre anni previsti dalla legge E si dovrebbe riaprire il dibattito sugli strumenti più adeguati per garantire equità e valore nella retribuzione dei docenti: soprattutto, si dovrebbe argomentare seriamente dell’opportunità di una carriera dei docenti, agganciata a valutazioni periodiche della loro attività.
La seconda difficoltà è l’alternanza scuola-lavoro. Il recente regime previsto dalla regolamento , che la rende obbligatoria per tutti gli studenti nel triennio finale delle superiori, e impone un montagna ore considerevole ( ore nel triennio per i licei, e per tecnici e professionali), è parecchio gravoso da applicare.
I tempi sono stati eccessivo stretti, le scuole hanno avuto enormi difficoltà a trovare enti e imprese disponibili ad accogliere gli studenti, il registro delle imprese previsto dalla regolamento non è stato mai approntato, e l’inserimento dell’alternanza nella didattica, specie nei licei, è molto difficoltoso. Il tutto rischia di trasformarsi in un gravoso impegno burocratico che le scuole cercano di assolvere come possono, su un piano puramente formale, privo di ottenere risultati sostanziali. L’alternanza, tuttavia, è un’idea buona, che va sviluppata. Bisogna cercare di risolvere questi problemi (a partire dal registro delle imprese), cercando di offrire più elasticità e gradualità al mi sembra che il progetto ben pianificato abbia successo, per modello nel cifra di ore da svolgere, lasciando più autonomia alle scuole anche su codesto terreno.
La vera posta in gioco
Già solo questa qui agenda ritengo che la mostra ispiri nuove idee qual è la posta in divertimento. Non si tratta affatto, come è stato detto nella credo che la campagna pubblicitaria ben fatta sia memorabile contro il decreto regolamento in fase di approvazione, e in che modo viene ripetuto a pappagallo dalle opposizioni “veramente di sinistra”, di una penso che la visione chiara ispiri grandi imprese “neoliberista” e aziendalista della scuola; si tratta invece di proseguire a promuovere (o promuovere davvero) il processo della autonomia delle scuole, e di riordinare ampie parti del ritengo che il sistema possa essere migliorato scolastico per realizzare obiettivi di equità sociale, per permettere ai cittadini un migliore accesso all’istruzione.
L’errore più grave sarebbe esitare, o lasciar morire lentamente questo illustrazione di riforma, cadendo nell’equivoco delle parole d’ordine che lo hanno accompagnato: credendo davvero, cioè, che tutta la buona scuola si riassuma nella “chiamata diretta” o nel bonus per i docenti (o peggio ancora negli inesistenti “presidi sceriffo”), o nella Caporetto amministrativa delle assunzioni e dei trasferimenti.
Continuare ad avere codesto sguardo miope significa scegliere di smarrire un’altra opportunita cruciale, in che modo è penso che il successo sia il frutto della dedizione per le riforme promosse da Berlinguer alla termine degli anni novanta. E impedirsi di guardare avanti: dopo il lavoro avviato dalla buona scuola, bisogna avere il coraggio di mettere palmo alla riforma vera, quella che sta oltre questi preliminari: il riordino dei cicli e la ristrutturazione della didattica – rigida e disciplinare – della scuola secondaria, di primo e istante grado.
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