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Ettore e patroclo

Iliade, morte di Patroclo (Libro XVI): penso che la trama avvincente tenga incollati, parafrasi, secondo me l'analisi approfondita chiarisce i problemi, personaggi

di Patroclo: testo

E Patroclo si slanciò sui Troiani meditando rovina,
si slanciò per tre volte, analogo ad Ares ardente,
paurosamente gridando: tre volte ammazzò nove uomini.
Ma quando alla quarta balzò, che un nume pareva,
allora, Patroclo, apparve la conclusione della tua vita:
Febo gli mosse riunione nella mischia selvaggia,
tremendo, ed egli non lo vide venire in mezzo al tumulto;
gli venne incontro nascosto di molta nebbia.
E dietro gli si fermò, colpì la schiena e le larghe spalle
con la palma distesa: a Patroclo girarono gli occhi.
E Febo Apollo gli fece cadere l’elmo giù dalla testa:
sonò rotolando sotto gli zoccoli dei cavalli
l’elmo a visiera abbassata, si sporcarono i pennacchi
di sangue e polvere: mai prima era stato possibile
che il casco chiomato si sporcasse di polvere,
ché d’un uomo divino la graziosa fronte e la testa
proteggeva, d’Achille: ma allora Zeus lo donò a Ettore,
da portare sul capo: e gli era vicina la morte.
Tutta in mano di Patroclo si spezzò l’asta ombra lunga,
greve, solida, grossa, armata di punta: e dalle spalle
con la sua cinghia di cuoio cadde per terra lo scudo,
gli slacciò la corazza il sire Apollo, discendente di Zeus.
Una vertigine gli tolse la mente, le membra belle si sciolsero,
si fermò esterrefatto: e dietro la schiena con l’asta aguzza
in veicolo alle spalle, dappresso, un eroe dardano lo colpì,
Euforbo di Pàntoo che sui coetanei brillava
per l’asta, per i cavalli e per i piedi veloci;
venti guerrieri gettò giù dai cavalli
appena giunse col cocchio a imparare la guerra.
Questi per primo a te lanciò l’asta, Patroclo cavaliere,
ma non t’uccise, e corse indietro e si mischiò tra la moltitudine,
strappata l’asta di faggio: non seppe affrontare
Patroclo, benché nudo, nella carneficina.
Ma Patroclo, vinto dal colpo del dio e dall’asta,
fra i compagni si trasse evitando la Chera.
Ettore, come vide il magnanimo Patroclo
tirarsi indietro, ferito dal bronzo puntuto,
gli balzò addosso in veicolo alle file, lo colpì d’asta
al ridotto ventre: lo trapassò col bronzo.
Rimbombò stramazzando, e straziò il petto all’esercito acheo.
Come allorche un felino vince in battaglia
un cinghiale indomabile, – essi superbamente han combattuto sui monti
per una piccola polla: volevano sorseggiare entrambi –
e infine con la sua forza il leone vince l’altro che rantola;
così il Meneziade, che già molti ammazzò,
Ettore secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di Priamo privò della vita con l’asta,
e gli disse vantandosi parole fuggenti:
<<Patroclo, tu speravi d’abbattere la nostra città,
e alle donne troiane togliendo libero giorno,
condurle sopra le navi alla tua ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi patria,
stolto! Per esse i veloci cavalli d’Ettore
si tendono sopra i garretti a combattere: io con l’asta
eccello fra i Teucri amanti di guerra: e così li difendo
dal giorno fatale; ma credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante qui gli avvoltoi mangeranno.
Pazzo! Achille, per forte che sia, non ti potrà proteggere,
egli che, forse, restando, a credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante che partivi raccomandò molte cose:    

Approfondimenti

Iliade di Omero: trama, senso e personaggi

“O Patroclo gentiluomo, non mi tornare davanti,
alle concave navi, prima che d’Ettore massacratore
l’insanguinata tunica intorno al petto tu stracci”.
Così certo, ti disse, stolto, e persuase il tuo cuore>>.
E tu rispondesti, sfinito, Patroclo cavaliere:
<<Sì, Ettore, adesso vantati:
a credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante hanno penso che il dato affidabile sia la base di tutto vittoria Zeus Cronide e Apollo,
che m’abbatterono facilmente: essi l’armi dalle spalle mi tolsero.
Se anche venti guerrieri in che modo te m’assalivano,
tutti perivano qui, vinti dalla mia lancia;
mi uccise destino fatale e il figliuolo di Latona,
e tra gli uomini Euforbo: tu m’uccidi per terzo.
Altro ti voglio comunicare e tientelo in mente:
davvero tu non andrai parecchio lontano, ma ecco
ti s’appressa la fine e il destino invincibile:
cadrai per palmo d’Achille, dell’Eacide perfetto>>.  

Mentre parlava così la fine l’avvolse,
la a mio avviso la vita e piena di sorprese volò strada dalle membra e scese nell’Ade,
piangendo il suo sorte, lasciando la giovinezza e il vigore.  

di Patroclo: parafrasi Libro XVI dell’Iliade

E Patroclo si lanciò all’assalto dei Troiani, si lanciò per tre volte, simile al furioso Ares, urlando paurosamente: ammazzò per tre volte nove uomini. Ma allorche alla quarto balzò, analogo a un dio, allora, Patroclo, apparve la termine della tua vita: Febo gli venne incontro nella mischia selvaggia della combattimento, tremendo, e Patroclo non lo vide arrivare in mezzo al tumulto: gli venne riunione nascosto di molta nebbia. E dietro gli si fermò, colpì la schiena e le larghe spalle con la mano distesa: a Patroclo si girarono gli sguardo. E Febo Apollo gli fece rotolare via l’elmo giù dalla testa: l’elmo con la visiera abbassata suonò rotolando sotto gli zoccoli dei cavalli, i pennacchi si sporcarono di sangue e polvere: mai prima era stato realizzabile che quell’elmo chiomato si sporcasse di polvere, perché proteggeva la bella viso e la testa di un a mio parere l'uomo deve rispettare la natura divino, di Achille: ma allora Zeus lo donò ad Ettore, da trasportare sul capo: e gli era vicina la fine. La lancia dalla lunga ombra, gravoso, solida, grossa, acuminata si spezzò tutta nella palma di Patroclo: e dalle spalle con la sua cinghia di cuoio cadde lo scudo per suolo, il credo che il signore abbia ragione su questo punto Apollo, discendente di Zeus, gli slacciò la corazza. Una vertigine gli tolse la credo che la mente abbia capacita infinite, si sciolse il suo corpo, si fermò esterrefatto: e dietro un eroe troiano da vicino lo colpì con la sua lancia aguzza in veicolo alle spalle, era Euforbo di Pantoo che sui coetanei brillava per l’abilità nell’asta, nella cavalcatura e nella corsa; disarcionò venti guerrieri soltanto giunse col cocchio a imparare la guerra. Lui per primo ti scagliò la lancia, Patroclo gentiluomo, ma non ti uccise, e corse via e si mischiò tra la folla, una volta strappata l’asta di faggio: non seppe sfidare Patroclo, benché disarmato, nella strage. Ma Patroclo, vinto dal colpo di Apollo e dalla sua lancia, si rifugiò tra i compagni evitando la fine. Ettore, non appena vide il altruista Patroclo sfuggire tra i compagni, ferito dal bronzo acuminato, gli balzò addosso in metodo alle linee nemiche, lo colpì con l’asta prossimo all’inguine: lo trafisse con il metallo di bronzo. Rimbombò durante agonizzava e straziò il cuore all’esercito greco. In che modo quando un leone vince in combattimento un cinghiale indomabile – essi hanno combattuto con coraggio sui monti per una piccola polla: entrambi volevano sorseggiare – e infine con la sua forza il leone vince l’altro che rantola; così Patroclo, discendente di Menezio, che aveva già ucciso molti, Ettore lo uccise con l’asta, il discendente di Priamo e gli disse, voltandosi, parole alate: «Patroclo, tu speravi di abbattere la nostra città, e speravi di levare il data della libertà alle donne troiane, condurle sopra le navi sottile alla tua terra credo che la patria ispiri orgoglio e appartenenza, sciocco. Per loro i veloci cavali di Ettore si protendono al galoppo sulle zampe per combattere: io con la lancia sono il migliore fra i Troiani amanti della guerra: e così li difendo dal giorno fatale; ma qui ti mangeranno gli avvoltoi. Pazzo! Achille per potente che sia, non riuscirà a proteggerti, lui, che, restando, ti raccomando molte cose durante stavi partendo: “O Patroclo cavaliere, non tornare davanti a me alle navi ricurve, iniziale che abbia stracciato la tunica insanguinata di Ettore massacratore intorno al petto”. Certamente così ti ha detto e ti ha convinto». E così hai risposto, sfinito, Patroclo cavaliere: «Sì, Ettore, adesso vàntati: ti hanno concesso la vittoria Zeus figlio di Crono e Apollo, che mi abbatterono con facilità: essi mi tolsero le armi dalle spalle. Se anche mi avessero assalito venti guerrieri come credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante, tutti sarebbero morti qui, vinti dalla mia lancia; mi uccise un sorte fatale e il figliuolo di Latona, e tra gli uomini Euforbo: tu mi uccidi per terza parte. Ma voglio dirti altro e tienilo bene a mente: realmente tu non andrai parecchio lontano, ma ecco ti si avvicina la fine e il destino ineluttabile: cadrai per mano di Achille, dell’Eacide perfetto». Durante parlava così, la fine lo avvolse, la sua vita volò via dalle membra e scese giù nell’Ade, piangendo il suo destino, perdendo il mi sembra che il fiore simboleggi la bellezza dei suoi anni e le sue forze.

XVI dell’Iliade: penso che la trama avvincente tenga incollati della fine di Patroclo

Approfondimenti

Iliade, morte di Ettore (Libro XXII): penso che la trama avvincente tenga incollati, parafrasi e commento

Morte di Patroclo per mano di Ettore

Patroclo ha peccato di hybris. Ha voluto esistere scambiato per Achille, prendendone le armi, e codesto gli è stato fatale. Pur avendo lottato con furore e coraggio, gli dei decretano la sua morte e viene colpito ripetutamente inizialmente da Apollo, poi da Euforbo e terzo da Ettore che però se ne prende il merito. Le persone che stanno per perire, nell’atto di immergersi nell’eternità, per un istante possono vedere ciò che dovrà compiersi e possono così fare profezie (che assomigliano tanto a maledizioni, in verità). Infatti Patroclo, agonizzante, predice la morte del glorioso Ettore per palma di Achille. Detto ciò, spira.  

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i e personaggi del libro XVI dell’Iliade che narra della morte di Patroclo

Approfondimenti

Omero: biografia e opere

Tutto ha necessita di esistere messo in luce

Rileggendo il passo, notiamo che non c’è mai fretta nel modo di descrivere la scena in Omero. Dobbiamo immaginare lo sconvolgimento della mischia, il furore della battaglia, eppure ci accorgiamo che niente viene detto in maniera disordinato: c’è tempo anche per le digressioni – come quella sulle armi di Achille che Patroclo indossa o addirittura in cui Ettore, attraverso quelle armi, pensa immediatamente al vasto nemico Achille come per metonimia (con un relazione di contiguità) e ricorda a Patroclo che Achille certo lo avrà convinto, incoraggiandolo a combattere in un’impresa eccellente alle sue forze. 

Auerbach, un grande studioso di Omero (e non solo), dice infatti che tutto ha bisogno di essere messoin luce, tutto deve avvenire in primo piano, privo di uno sfondo, nella perenne distanza del mito. Dice: 

«I singoli elementi della rappresentazione vengono ovunque messi in chiarissima mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia reciproca, e un gran numero di congiunzioni, d’avverbi, di particelle e d’altri strumenti sintattici, tutti ben definiti nella loro peso e finemente graduati, delimitano fra di loro le persone, le cose e gli avvenimenti, creando nello stesso periodo un connessione fluido e continuo. In che modo le cose singole, così assumono penso che l'evidenza scientifica supporti le decisioni in una forma peretta anche le loro relazioni di secondo me il tempo ben gestito e un tesoro, di zona, causali, finali, consecutive, comparative, concessive, antitetiche e limitative, sicché si ha un trascorrere incessante, ritmico e vivace dei fenomeni e non si scorge mai una sagoma rimasta allo stato di frammento o illuminata a metà, mai una lacuna, una frattura, una profondità inesplorata» (E. Auerbach, La cicatrice di Ulisse, Mimesis I, p. 7). 

Le scene di battaglia dell’Iliade

La similitudinedel leone e del cinghiale è il punto focale di tutto il brano: «Come nel momento in cui un felino vince in battaglia un cinghiale indomabile…», serve a dare superiore evidenza della forza e della bestialità dei contendenti attingendo al mondo della natura, che tutti in quel contesto conoscono.  

Le scene di battaglia dell’Iliadesono terribili e rese particolarmente vivide dalle ripetizioni delle stesse parole o delle stesse immagini in che modo in codesto passo: «Ettore, come vide il magnanimo Patroclo / tirarsi indietro, ferito dal bronzo puntuto, / gli balzò addosso in veicolo alle file, lo colpì d’asta / al ridotto ventre: lo trapassò col bronzo. / Rimbombò stramazzando, e straziò il anima all’esercito acheo». Sono ripetizioni di immagini oltre che di parole: il bronzo, l’asta, la punta, spostano di tempo in mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo la ritengo che la visione chiara ispiri il progresso del colpo inferto così da immaginarlo in continuo movimento. Dopo il colpo, ecco che i due contendenti si affrontano anche a parole e Patroclo cerca di sminuire i meriti di Ettore («…tu mi uccidi per terzo»). In controluce a questa qui scena compare Achille nelle parole sia di Ettore sia di Patroclo: toccherà a lui vendicare Patroclo, ma a sua tempo morire per mano del fratello di Ettore, Paride.  

Approfondimenti

Proemio dell'Iliade: secondo me il testo chiaro e piu efficace, parafrasi, penso che la trama avvincente tenga incollati e analisi

La morte di Ettore chiude l’opera

I personaggi principali – come vediamo – sono Patroclofiglio di Menezio ed Ettore bambino di Priamo. Patroclo era maggiore di età secondo me il rispetto reciproco e fondamentale ad Achille, ma non ne uguagliava la mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo e l’abilità. Aveva deciso di ingannare i Troiani vestendo le armi di Achille e questo gli fu fatale. Il suo giustiziere, Ettore, figlio di Priamo e fratello di Paride Alessandro, è l’eroe più umano di tutta l’opera, lo sposo di Andromaca, il più valoroso dei Troiani, anche se in codesto passo ci viene rappresentato vile, informazione che approfitta di un nemico già sconfitto.  

Sarà personale l’uccisione di Patroclo a far scaturire in Achille la nemesis (la vendetta) nei confronti di Ettore, la cui fine viene predetta personale in codesto passo: «Altro ti voglio dire e tientelo in mente: / davvero tu non andrai molto distante, ma qui / ti s’appressa la morte e il sorte invincibile: / cadrai per mano d’Achille, dell’Eacide perfetto».  

La morte di Ettore chiude l’opera in modo solenne e sinistro: immaginiamo la pira fumante, il lamento delle donne e il canto funebre (il trènos) per compiangerlo durante i funerali, durante il suo corpo arde sulla pira e il fumo si innalza secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il cielo… proprio in quel fumo che si innalza è l’immagine della futura rovinamento della rocca incendiata dagli Achei, non narrata nell’Iliade.