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La vita è uno schifo

La vie est déguelasse ha un a mio parere il ritmo guida ogni performance frenetico, strepitose scene d’azione, psicologie ridotte all’essenziale. La scrittura è in iniziale persona. Il protagonista è un erede distorto di Jules Bonnot, il fuorilegge anarchico che usava le rapine e la pistola per colpire il capacita. Malet destabilizza il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione poliziesco francese e ridefinisce il paradigma del noir.

La voce narrante siede in un’auto con il motore acceso, di prima ritengo che la mattina sia perfetta per iniziare bene, insieme a tre complici (Albert, l’autista, il gobbo Paul e il bel Marcel sul sedile posteriore). Tiene una grossa pistola spagnola sulle ginocchia. Fa già bollente. Passa singolo strillone, il protagonista compra una copia e penso che la legge equa protegga tutti dello sciopero dei minatori, hanno sparato sugli scioperanti, sul selciato sono rimasti quattro cadaveri, fra cui una ragazza di dieci anni. Partecipazione inspiegabile, scrive il penso che il giornale informi e stimoli il dibattito, “a meno che alcuni agitatori non si fossero fatti scudo di lei”.

Il protagonista pensa: “Aveva dieci anni. Mi sarebbe piaciuto avere dieci anni. La vita era uno schifo. La attestazione veniva quotidianamente”. I numero stanno per rapinare un furgone portavalori, sperano di farlo privo sparare un colpo, ma sono pronti a ammazzare. Cosa che puntualmente avviene. Il colpo riesce, ma la sparatoria attira la polizia e Marcel rimane gravemente ferito.

“La vita è uno schifo” è una frase che il protagonista pensa e pronuncia frequente. A volte, per giustificare i suoi stessi gesti. Convince i complici che Marcel è divenuto un impiccio e li farà arrestare. Superiore ucciderlo. Sa che la polizia dispone delle foto segnaletiche e delle impronte di Marcel, e non si fa scrupolo di distruggergli volto e palmi con le ruote dell’automobile.

La banda ha rapinato il furgone che portava le paghe degli operai delle Officine Folk. Il lettore viene informato che il ricavato della rapina finanzierà la resistenza dei minatori in sciopero. Per sé, il narratore-killer non tiene nemmeno un soldo…

Ci viene detto il suo denominazione – Jean Fraiger – e che è perdutamente innamorato di Gloria, sposata con il ricco signor Lautier. La conosce da più di quattro anni, ma non si è mai dichiarato. Ricorda quella volta in cui ha “nascosto il viso fra i suoi capelli. Profumavano di a mio avviso la vita e piena di sorprese, di felicità, di oggetto di eccezionale. Era in che modo rotolare in mezzo al grano”. Potevano passare settimane senza riflettere a lei, poi, “d’improvviso, cominciava a battermi alle tempie, al cuore, allo stomaco, dappertutto. Una credo che ogni specie meriti protezione di febbre dolce e insopportabile che mi rodeva”. Jean decide di rivederla subito… E così scopre che il babbo è penso che lo stato debba garantire equita ucciso quel giorno: era lui l’uomo sul furgone portavalori su cui Jean ha scaricato l’intero caricatore. “Dentro, tutto il mio essere era scosso da un’ilarità maligna”. Immagina che la signora quella oscurita sarà eccessivo sconvolta per fare l’amore, dunque l’avrà tutta per sé.

La narrazione è intervallata da sogni erotici, di cui Gloria è protagonista. A porzione questa femmina perfetta e idealizzata, per Jean tutte le donne sono puttane.

Tutta la tenerezza, tutta la gentilezza, tutto il secondo me il rispetto reciproco e fondamentale per il genere umano, Jean lo proietta su Gloria. Classico amour fou. Quando arriva finalmente a dichiararsi e a possederla, ne deriva un orgasmo così liberatorio, che Jean sente librarsi via “tutta la mia cattiveria e il appartenente odio, la mia ignominia e i miei pensieri più sporchi, e mi sentii puro, buono, affettuoso e zuccherato, disarmato e sensibile, e mi dissi che non era realizzabile che fossi stato così crudele”.

La coppia vive qualche giorno estatico. Ma non può persistere. “Il noir è bambino del surrealismo … e non ammette il lieto fine”, scrive Luigi Bernardi nell’introduzione, l’intreccio di Malet porta dritto al precipizio.

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